Le Little Italy ed il contributo degli italiani allo sviluppo della società americana

La grande ondata migratoria transoceanica che caratterizzò la seconda metà del XIX secolo ebbe un impatto profondo sulla formazione della società americana. In particolare, il flusso migratorio di massa che ebbe inizio negli anni settanta dell'Ottocento portò negli Stati Uniti oltre due milioni e ottocentomila immigrati, per la maggior parte provenienti dall'Europa del Nord.

Tuttavia, verso la fine del secolo, la situazione cambiò radicalmente: i successivi nove milioni di emigranti che giunsero ad Ellis Island, intorno all'anno 1900, provenivano soprattutto dal Sud dell'Europa. Tra di essi, gli italiani costituivano una popolazione particolarmente emarginata e povera, caratterizzata da un basso livello di istruzione e scarsa organizzazione sociale.

L'immagine negativa degli italiani era in parte dovuta alla percezione generale che ne avevano le istituzioni e la società americana, che tendeva a considerare gli immigrati come una minaccia per la stabilità economica e sociale del paese. Non a caso, l'arrivo degli immigrati a Ellis Island veniva strettamente controllato e selezionato, in modo da impedire l'ingresso a coloro che venivano ritenuti potenzialmente pericolosi o inadatti ad integrarsi nella società americana. Nonostante queste difficoltà, tuttavia, gli italiani riuscirono a costruire una propria comunità all'interno della società americana, caratterizzata da un forte senso di solidarietà e di appartenenza etnica. Grazie alla formazione di associazioni culturali, politiche e religiose, gli italiani furono in grado di preservare la propria identità culturale e di far valere i propri diritti all'interno del contesto americano. In questo senso, la vicenda migratoria transoceanica della seconda metà del XIX secolo ha contribuito a segnare una forma specifica di insediamento etnico nella realtà statunitense, caratterizzata dalla formazione di comunità di immigrati che hanno saputo preservare la propria identità culturale pur integrandosi nella società americana. Un processo che, nonostante le difficoltà e le contraddizioni, ha contribuito a rendere gli Stati Uniti un paese sempre più ricco e diversificato dal punto di vista culturale e sociale.

La formazione di insediamenti abitativi a carattere segregativo rappresenta uno dei tratti distintivi della storia migratoria degli Stati Uniti. In particolare, la creazione di quartieri etnici come le Little Italy e le Chinatown è stata una delle manifestazioni più evidenti della tendenza dei migranti a organizzarsi in comunità separate, che preservassero le proprie tradizioni culturali e linguistiche. Le Little Italy americane, così come le Chinatown, erano comunità fortemente coese, in cui le tradizioni culturali delle aree di origine sopravvivevano inalterate e spesso danno origine a subcomunità verticali, come le Little Sicily costruite dagli emigrati dei piccoli paesi della Sicilia. Qui le comunità si cementavano attorno alle tradizioni di provenienza, creando un ambiente familiare e confortevole per coloro che cercavano di ricostruire la propria vita in un paese straniero. Tuttavia, questi quartieri etnici erano spesso caratterizzati da una forte segregazione razziale e sociale, che limitava la mobilità dei migranti e ne ostacolava l'integrazione nella società americana. La ghettizzazione delle Little Italy e delle Chinatown ha creato una sorta di isolamento culturale, che ha contribuito a mantenere vive le tradizioni delle comunità di origine ma ha impedito la piena partecipazione dei migranti alla vita della società americana.

Nel 1860, solo 1.400 italiani vivevano a New York, principalmente come portuali, fruttivendoli o macinatori. Tuttavia, tra il 1900 e il 1914, circa due milioni di italiani arrivarono negli Stati Uniti, stabilendosi principalmente nella città di New York. Fino al 1930, gli italiani costituivano il 17% della popolazione di New York, con oltre un milione di persone. Le prime comunità italiane erano incentrate su Mulberry Street, oggi nota come Little Italy, dove si stabilirono principalmente siciliani, napoletani, calabresi e pugliesi. In particolare, Elizabeth Street era considerata una vera e propria colonia siciliana, mentre Mulberry Street era abitata principalmente da napoletani e Mott Street da calabresi e pugliesi. All'interno di queste comunità, ogni blocco o appartamento era occupato da persone provenienti da una specifica città siciliana, con un livello di separazione tra i gruppi tale da considerare eccezionale un matrimonio tra siciliani di blocchi diversi.

Nonostante la segregazione culturale all'interno delle Little Italy, la presenza degli italiani negli Stati Uniti ha avuto un impatto significativo sulla cultura e sull'economia del paese. Molti immigrati italiani hanno trovato lavoro come operai, artigiani e commercianti, contribuendo allo sviluppo dell'industria americana. Inoltre, diversi emigrati italiani hanno lasciato un segno indelebile nella cultura americana, come Antonio Meucci, considerato uno dei padri del telefono, Joe Petrosino, il primo poliziotto italoamericano a diventare famoso per il suo lavoro contro la mafia, Arturo Toscanini, il celebre direttore d'orchestra, Enrico Caruso, uno dei più grandi tenori della storia, e Rodolfo Guglielmi, noto come Rodolfo Valentino, una delle prime star del cinema muto.

Le Little Italy sono state importanti incubatrici di cultura e di identità etnica. Qui, gli immigrati hanno avuto la possibilità di preservare la propria lingua, la propria religione e le proprie usanze, trasmettendole alle generazioni successive e contribuendo a creare una ricchezza culturale unica nel panorama americano. Oggi, molte delle Little Italy americane sono state trasformate in quartieri turistici, che attirano visitatori da tutto il mondo. Tuttavia, queste comunità continuano a rappresentare un esempio emblematico della storia migratoria degli Stati Uniti, testimoniando la capacità degli immigrati di creare comunità forti e coese, che preservano la propria identità culturale pur vivendo in un ambiente straniero e in continua evoluzione.

Carmelo Cutuli

Comunicatore, saggista e giornalista. Autore di "Intelligenza Artificiale e Pubblica Amministrazione" e "Prompt Engineering pratico per professionisti della Comunicazione"

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