Mezzogiorno d'Italia: un rilancio è possibile

Mezzogiorno d'Italia: un rilancio è possibile

di Carmelo Cutuli

Tratto dal libro "Rilanciare la Sicilia facendo cose semplici"

Ne siamo tutti consapevoli: il Mezzogiorno d’Italia è, storicamente, l’area meno industrializzata della penisola con un PIL più basso, in relazione a quello del Centro e del Nord, e una economia prevalentemente basata su primario e terziario con bassa industrializzazione. Una economia, quella del Sud, che risente oggi, più pesantemente che nel resto del Paese, gli effetti devastanti della pandemia globale e che registra una crisi senza precedenti.

A quest’area fondamentale del Sistema Italia è oggi richiesto di darsi una nuova visione di futuro, costruita da un lato sulla consapevolezza dei propri punti di forza e dall’altro sulla risolutezza nell’affrontare definitivamente le proprie annose problematiche.

Il punto di partenza del rilancio non può pertanto prescindere dall’identificare nuove possibilità di sviluppo per il Sud ripensando, ad esempio, il ruolo che esso riveste nell’economia marittima e come hub logistico del Mediterraneo, considerando le molteplici fonti di energia rinnovabile che si potrebbero implementare nonché favorendo la nascita di neo-imprese e start-up innovative (2200 start-up innovative al Sud a fine 2019).

Questo quadro complessivo fa da cornice alla discussione in atto su una serie di temi strategici ai fini di una migliore integrazione del Mezzogiorno nell’economia nazionale che, si badi bene, porterebbe enormi benefici all’intero sistema economico ed al livello di competitività internazionale del nostro Paese.

Le linee strategiche e le reti di ricerca per un efficiente riavvio socio-economico e territoriale richiedono, al Sud, innanzitutto un’attenzione particolare verso la produzione primaria ovvero agricoltura, allevamento, pesca e silvicoltura. In questi settori, che rivestono una fondamentale importanza nell’economia dell’area, risultano particolarmente urgenti forti investimenti in ricerca e sviluppo al fine di aumentare la diffusione dell’agro-tecnologia.

Accanto ai settori portanti dell’Economia del Sud risulta però necessario prendere in considerazione anche altri punti di forza, seppur di nicchia ma collegati a doppio filo con quelli principali, quali ad esempio l’enogastronomia culturale e alcuni segmenti del turismo ambientale locale, per le loro antiche e profonde radici nel patrimonio culturale e storico. In particolare, il turismo alimentare offre importanti opportunità per le comunità dell’Italia meridionale alle prese con alti tassi di disoccupazione ed emigrazione. Queste tradizioni alimentari sono infatti altamente desiderabili per i turisti che cercano di entrare in contatto con il cibo locale e i suoi produttori come parte di un’esperienza di viaggio autentica.

Il turismo rimane indubbiamente un settore trainante dell’economia del Sud Italia, ma sarà fondamentale puntare su un prodotto di qualità superiore e più curato rispetto al meno impegnativo “low cost” del periodo pre pandemia.

Servono quindi investimenti sostanziali in settori chiave come quello delle infrastrutture ricettive, specie nel patrimonio cosiddetto minore, costituito da borghi e piccole città d’arte. Occorre riqualificare un’ampia gamma di luoghi attraverso il marketing culturale e l’integrazione della mobilità e ciò può essere fatto soltanto attraverso un rapporto bilanciato di collaborazione tra amministrazioni pubbliche e settore privato.

Come per il resto d’Europa, l’Italia richiede azioni immediate per ampliare la conoscenza e rafforzare la ricerca applicata al trasferimento tecnologico per attività di innovazione. Modelli funzionali come gli ecosistemi dell’innovazione possono essere proficuamente replicati in aree del Sud dove già esistono strutture universitarie e industriali, incubatori di impresa, centri di trasferimento tecnologico e formazione d’eccellenza.

Anche prima della pandemia, il Sud si stava impegnando per attrarre investimenti a favore delle nuove imprese e per lo sviluppo industriale attraverso l’innovazione, peraltro con risultati incoraggianti, che hanno portato ad un costante aumento di start-up innovative, spin-off universitari e incubatori.

Affinché questi progetti abbiano successo, in ogni caso, sarà necessario creare un ecosistema con al centro l’industria che comprenda politiche specifiche, prevedendo investimenti anche da parte di investitori internazionali e misure tendenti alla riduzione del costo d’impresa.

Le moderne politiche economiche si costruiscono su pilastri ben definiti come la qualità e la quantità degli investimenti, l’innovazione e l’internazionalizzazione. Una buona politica industriale per lo sviluppo del Mezzogiorno deve essere tarata sulle competenze richieste dal sistema industriale nazionale e sulle attività strategiche proprie dell’area, il che richiede sinergie a livello locale, nazionale ed europeo.

Le rinnovate politiche industriali del Mezzogiorno devono anche accompagnare un piano di recupero sociale molto ampio che preveda la soluzione ai problemi più urgenti, dal decadimento delle infrastrutture alla dispersione scolastica.

Un piano di rilancio socio-culturale-economico dell’area dovrebbe anche prevedere l’attrazione di studenti stranieri nelle Università del Mezzogiorno e favorire il fenomeno di polarizzazione di lavoratori in outsourcing, anche contrastando il cosiddetto fenomeno della fuga di cervelli all’estero, attraverso incentivi al south-working.

L’aspettativa comune è che le tradizioni e la cultura tornino a giocare un ruolo centrale nella società meridionale, in quanto i loro principali attori sono in grado di dare un contributo fondamentale per rinnovare e far ripartire l’intero settore primario e terziario, già ampiamente presente nell’area, favorendone al contempo lo sviluppo industriale attraverso l’innovazione ed il digitale, affrontando anche le questioni sociali e ambientali nonché accelerando la transizione verso la sostenibilità.

Tutti questi sforzi devono essere definiti e lanciati nell’ottica di una visione globale del futuro. Un rapido processo decisionale è richiesto in ciascuno dei settori esaminati e, a patto che questi settori vengano considerati con una visione unitaria, si possono immaginare nuovi motori della prospettiva economica nell’area considerata.

Una sfida possibile che, per essere vinta, necessita però di un cambio di paradigma e che il Mezzogiorno d’Italia non venga più visto e considerato come il Sud dell’Europa ma, piuttosto, come il Centro del Mediterraneo.

Carmelo Cutuli

Comunicatore, saggista e giornalista. Autore di "Intelligenza Artificiale e Pubblica Amministrazione" e "Prompt Engineering pratico per professionisti della Comunicazione"

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